dal 15 maggio al 15 giugno 2007
a cura di Micol di Veroli
La visione è il presupposto indispensabile per una lettura obiettiva o simbolica di qualsiasi oggetto, sia esso legato alla ricerca artistica o a quella meramente funzionale. La segmentazione della percezione di un oggetto, l’impedimento di una sua naturale assimilazione binoculare altera il senso estetico dell’opera d’arte, esautorandola ed al tempo stesso investendola di un nuovo potere concettuale: l’enigma simbolico della visione. Ciò che non è perfettamente visibile genera una curiosità morbosa, un sentimento di esplorazione legato alla volontà di costruire immagini allegoriche differenti delle relazioni fisiche fra gli oggetti e la loro disposizione nello spazio. Hristina Andreeva e Isabella Nurigiani con la mostra “Frammenti” intendono alterare i nostri sensi visivi con aberrazioni materiche ed ostacoli rivelatori, dimostrando quanto i canonici modi di rappresentazione dello spazio siano solamente degli espedienti di realizzazione dell’immagine con i quali si riproduce ciò che si è abituati a vedere e non ciò che realmente si vede. Al di là delle limitazioni imposte dalla cultura e dalle consuetudini, ogni opera aiuta a comprender quanto la prospettiva non sia il sistema naturale della visione, ma un sistema concettuale attorno a cui ruotano gli oggetti nella loro forma essenziale. Hristina Andreeva crea forme che emergono dalla sostanza della materia stessa, linee e increspature ed ancora fratture ton sur ton le quali sembrano misteriosamente accostarsi alle repentine sterzate di armonia delle partiture di Karlheinz Stockhausen. Paesaggi dell’inconscio che rappresentano la memoria stessa mentre le azioni, i ricordi ed il tempo la incidono in maniera irreversibile scoprendone le ferite, gli avvallamenti od i dolci pendii tra fili di garza e ruvido intonaco. Legno e carta bruciata si sommano sulle superfici, descrivendo forme consone le quali si gettano in rapide apnee che ne trasfigurano le sembianze sino a distorcerne l’insito significato. Il bianco si estende su tutto come un impalpabile manto, una benefica e consolatoria aurora boreale privata dei suoi cangianti toni. Ad ogni opera si contrappone la solida e muta presenza ascetica delle installazioni di Isabella Nurigiani che si prefiggono l’intento di ostacolare, di porre una diga innanzi all’occhio dello spettatore ma finiscono per dominare lo spazio con le loro eleganti forme, mentre giocano a completarsi e completar prodigiosamente la minimale perfezione estetica dell’artista bulgara. Isabella Nurigiani piega la materia al suo volere, si inserisce in movimenti rettilinei imponendo morbide curve che formano foreste di ferro intaccate da rabbiose corrosioni. Flore metalliche attraverso le quali guardare nuove prospettive, buchi della serratura nelle porte della percezione ove si attua un’inaspettata esplosione dei piani. Fili languidamente eretti che se osservati attentamente sembrano vibrar toccandosi e baciandosi, generando dissonanze orchestrali nelle quali riemerge il rigore formale della scena del Woyzeck che ascolta il vento nel campo di papaveri nel capolavoro cinematografico di Werner Herzog. Nel severo impasto di forme il grigio si tinge di toni aspri e caustici mentre una marcia di esseri antropomorfi mostra con orgoglio le proprie saldature, simbolo estremo ed accentuato di una caduca unione delle forme. “Frammenti” è la tangibile prova della grandezza dell’arte che sopravvive all’intento della sua stessa creazione, mutando in nuove forme e significati al cangiar della propria percezione visiva. Ed anche se ogni opera rappresenta un organismo concepito per esistere unico e distinto esso può esser completato, alterato, ampliato da un ulteriore impeto creativo che nuova lucentezza gli dona.
Micol Di Veroli