dal 28 novembre 2008 al 10 gennaio 2009
L’ordine del Caos
Una tartaruga piccola ma perfettamente riconoscibile in mezzo a strati apparentemente infiniti di vegetazione davanti alla quale si rimane perplessi: è una giungla tropicale o sono innumerevoli tubi – rifiuti che minacciosamente inondano l’ ambiente che ci sta intorno, prodotti dalla società industrializzata e consumisitica.
Due concetti contrastanti con cui Paolo Paci esprime e sintetizza perfettamente il complesso miscuglio di esperienze vissute, continuamente arricchite e rielaborate durante i soggiorni nelle parti più insospettabili del mondo.
Durante il lungo periodo passato in Venezuela ha vissuto nelle profonde foreste del paese e ora Paolo Paci vive a New York e si confronta quotidianamente con un mondo in cui le conseguenze dell’inquinamento sono sempre più evidenti e dominanti.
È per questo che nei suoi „Polluted Landscapes“, frutto della sua ricerca più recente, predominia il colore grigio, simbolo di un colore inquinato e freddo, dal quale la vita se ne è andata.
Se fosse davvero il nichilismo che predomina in tutta questa serie di dipinti, si rimarebbe meno coinvolti e affascinati da questo mondo che attraverso infinite stratificazioni invita ad un’infinità di connotazioni. Forme spigolose e ostili si scambiano con forme organiche che sembrano in eterna crescita. La tartaruga è appunto la sottile indicazione per la sopravvivenza. Ci sono altri animali, un coniglio dalle orecchie lunghissime o un’immensa zanzara, che per le loro forme buffe contrapongono uno sguardo ironico rispetto al mondo in rovina ma anche rispetto alla visione pessimista dell’artista stesso. Sono la convinzione di una possibile sopravivenza e forse inseriti nella loro solitudine nello scenario inquietante come unici osservatori rappresentano anche la prospettiva dell’autore che non ha mai abbandonato la sua attività di attentissimo osservatore della realtà che negli ultimi anni esprime, oltre che con la pittura, attraverso una notevole quantità di piccoli films e video di pochi minuti che registrano fenomeni come i musicisti di strada nel mondo.
La pittura accompagna Paolo Paci da sempre ma non è mai stato il suo unico mezzo per esprimersi. Cresciuto a Roma nel quartiere di Monteverde fece parte di gruppi di artisti provenienti da varie discipline che negli anni Sessanta, fecerso sposare il loro linguaggio artistico con riflessioni sociali e politiche – impegni che di seguito risultarono decisivi per il movimento del 1968.
Nonostante l’accostamento di altre attività come quella di musicista e filmmaker, Paolo Paci è un vero e proprio pittore nel senso classico e tradizionale della parola.
Immergendosi nelle opere possiamo intuire la conoscenza profonda intesa come coscienza della storia della pittura. Tuttavia non si lascia classificare sotto l’egidio di scuole o tendenze della seconda metà del Novecento. Appaiono forme che richiamano la pittura fauve, l’Informale o la Pop-Art ma in maniera sottilissima e indiretta.
Le opere nascono in lunghissimi processi, sono elaborazioni di osservazioni colte nelle più svariate circostanze che hanno uno sviluppo lungo e approfondito prima di diventare opera finita. L’apparente caos è minuziosamente costruito e organizzato in tutti i possibili dettagli.
Tanja Lelgemann